Avete presente quando, parlando con una persona, capita di scoprire che questa non sa andare in bicicletta? Avete presente la vostra stessa espressione facciale che cerca di mascherare la sorpresa e l'incredulità mentre vi chiedete in silenzio come sia possibile?
Ecco, quella faccia io la vedo quasi una volta la mese. E guarda me.
Capita infatti che quando si sta in compagnia e si parla di mare, o ancor peggio quando si è proprio al mare, c'è sempre qualcuno che tira fuori una tavola da surf e mi dice: vieni? surfi?
Mi gratto la testa e rispondo che no, non sono capace. Ed ecco la faccia che tenta di far finta di niente e si chiede "ma come è possibile?".
Stare in piedi su una tavola spinta dalle potenti onde dell'oceano qua è infatti un'attività tanto comune come quella di stare su due ruote per noi del vecchio mondo.
Guardo sempre affascinato i bambini di 6 o 7 anni correre in acqua con le tavolette di bodyboard, e mettersi a sfidare le onde più vicine alla riva mentre le madri se la chiacchierano tranquillamente sotto il sole. Penso sempre alle colleghe mamme della banania e alle torture che infliggono ai figli, vietando loro, al mare, qualsiasi attività diversa dallo stare immobili. Ma vi immaginate quelle donne isteriche e frustrate se qualcuno dicesse loro di far andare il figlio di 6 anni a cavalcare le onde di un oceano popolato da squali, meduse mortali, correnti micidiali e chi più ne ha più ne metta? No, è proprio un altro mondo.
Qualche giorno fa ho visto l'intervista di un tipo in tv. Non so chi fosse né perchè lo intervistassero, ma ho seguito un minuto in cui parlava del surf. Diceva che adesso che aveva impegni e famiglia, si alzava alle 4 del mattino per andare a vedere l'alba in spiaggia e surfare la prima onda della giornata, prima di farsi una doccia, portare i figli a scuola ecc ecc.
Ora questo è un posto dove, ripeto, la storia, l'arte e la bellezza bisogna farla arrivare da lontano, ma alzarsi alle 4 per cavalcare la prima onda del mattino ha di per se, a mio modesto parere, un tocco di poesia. Una singola riga di poesia che si sposa con un gesto atletico, anche semplice, ma che poi noi spesso sappiamo far diventare un gesto d'arte.
Ed ora concludo questo post confuso riportandovi alcune righe di un libro particolare che ho appena finito di leggere. Si tratta di Breath, Respiro, scritto da Tim Winton.
In inglese per chi può gustarlo, e modestamente tradotto da me per chi si accontenta.
..I couldn't have put words to it as a boy, but later I understood what seized my imagination that day. How strange it was to see men do something beautiful. Something pointless and elegant, as though nobody saw or cared..
..For all those years when Loonie and I surfed together, having caught the bug that first morning at the Point, we never spoke about the business of beauty. We were mates but there were places our conversation simply couldn't go. There was never any doubt about the primary thrill of surfing, the huge body-rush we got flying down the line with the wind in our ears. We didn't know what endorphins were but we quickly understood how narcotic the feeling was, and how addictive it became; from day one I was stoned from just watching. We talked about skill and courage and luck- we shared all that, and in time we surfed to fool with death- but for me there was still the outlaw feeling of doing something graceful, as if dancing on water was the best and bravest thing a man could do...
..I will always remember my first wave that morning. The smell of paraffin wax and brine and peppy scrub. The way the swell rose beneath me like a body drawing in air. How the wave drew me forward and I sprang to my feet, skating with the wind of momentum in my ears. I leant across the wall of upstanding water and the board came with me as though it was part of my body and mind. The blur of spray. The billion shard of light. I remember the solitary watching figure on the beach and the flash of Loonie's smile as I flew by; I was intoxicated. And though I've lived to be an old man with my own share of happiness for all the mess I made, I still judge every joyous moment, every victory and revelation against those few seconds of living..
..Non avrei saputo dirlo da ragazzo, ma più tardi ho capito cosa catturò la mia immaginazione quel giorno. La stranezza nel vedere degli uomini fare qualcosa di bello. Qualcosa senza senso ed elegante, anche se nessuno se ne interessava o stava a guardare..
..Per tutti quegli anni in cui io e Loonie surfammo insieme, essendoci appassionati sin da quella prima mattina al Point, non parlammo mai della questione della bellezza del surf. Eravamo amici ma c'erano argomenti di cui semplicemente non potevamo parlare. Non ci fu mai nessun dubbio in merito all'istintiva eccitazione del surfare, l'immensa scarica di adrenalina che provavamo volando giù da un'onda col vento nelle orecchie. Non sapevamo cosa fossero le endorfine ma capimmo subito quanto narcotica fosse quell'emozione, e quanto intossicante fosse; sin dal primo giorno ero drogato dal solo guardare. Parlavamo di bravura e coraggio e fortuna - condividevamo tutto questo, e col tempo avremmo pure surfato per sfidare la morte - ma per me c'era sempre il sentimento fuorilegge di stare a fare qualcosa di aggraziato, come se danzare sull'acqua fosse la cosa più coraggiosa e migliore che un uomo potesse fare..
.. Non dimenticherò mai la mia prima onda quella mattina. L'odore della paraffina, della salamoia e del peppy scrub. Il modo in cui la sommità dell'onda si alzò sotto di me come un corpo succhiato in aria. Come l'onda mi spinse avanti nel momento in cui balzai in piedi, scivolando col vento nelle orecchie. Mi piegai accanto al muro d'acqua e la tavola mi seguì come fosse parte nel mio corpo e della mia mente. Gli schizzi in aria. I miliardi di riflessi. Ricordo la figura solitaria che stava a guardare dalla spiaggia e per un attimo, mentre gli passavo accanto, il sorriso di Loonie; ero ubriaco. E nonostante abbia vissuto abbastanza da diventare vecchio ed abbia avuto i miei momenti di felicità per tutte le avventure vissute, continuo a paragonare ogni momento di gioia, ogni vittoria e ogni rivelazione, a quei pochi secondi di vita..
L'immagine di questo post è un particolare di un'opera di Vincenzo Ganadu, a cui appartiene. Se volete saperne di più, consultate il post "Due nuraghi in Sardegna".
Ecco, quella faccia io la vedo quasi una volta la mese. E guarda me.
Capita infatti che quando si sta in compagnia e si parla di mare, o ancor peggio quando si è proprio al mare, c'è sempre qualcuno che tira fuori una tavola da surf e mi dice: vieni? surfi?
Mi gratto la testa e rispondo che no, non sono capace. Ed ecco la faccia che tenta di far finta di niente e si chiede "ma come è possibile?".
Stare in piedi su una tavola spinta dalle potenti onde dell'oceano qua è infatti un'attività tanto comune come quella di stare su due ruote per noi del vecchio mondo.
Guardo sempre affascinato i bambini di 6 o 7 anni correre in acqua con le tavolette di bodyboard, e mettersi a sfidare le onde più vicine alla riva mentre le madri se la chiacchierano tranquillamente sotto il sole. Penso sempre alle colleghe mamme della banania e alle torture che infliggono ai figli, vietando loro, al mare, qualsiasi attività diversa dallo stare immobili. Ma vi immaginate quelle donne isteriche e frustrate se qualcuno dicesse loro di far andare il figlio di 6 anni a cavalcare le onde di un oceano popolato da squali, meduse mortali, correnti micidiali e chi più ne ha più ne metta? No, è proprio un altro mondo.
Qualche giorno fa ho visto l'intervista di un tipo in tv. Non so chi fosse né perchè lo intervistassero, ma ho seguito un minuto in cui parlava del surf. Diceva che adesso che aveva impegni e famiglia, si alzava alle 4 del mattino per andare a vedere l'alba in spiaggia e surfare la prima onda della giornata, prima di farsi una doccia, portare i figli a scuola ecc ecc.
Ora questo è un posto dove, ripeto, la storia, l'arte e la bellezza bisogna farla arrivare da lontano, ma alzarsi alle 4 per cavalcare la prima onda del mattino ha di per se, a mio modesto parere, un tocco di poesia. Una singola riga di poesia che si sposa con un gesto atletico, anche semplice, ma che poi noi spesso sappiamo far diventare un gesto d'arte.
Ed ora concludo questo post confuso riportandovi alcune righe di un libro particolare che ho appena finito di leggere. Si tratta di Breath, Respiro, scritto da Tim Winton.
In inglese per chi può gustarlo, e modestamente tradotto da me per chi si accontenta.
..I couldn't have put words to it as a boy, but later I understood what seized my imagination that day. How strange it was to see men do something beautiful. Something pointless and elegant, as though nobody saw or cared..
..For all those years when Loonie and I surfed together, having caught the bug that first morning at the Point, we never spoke about the business of beauty. We were mates but there were places our conversation simply couldn't go. There was never any doubt about the primary thrill of surfing, the huge body-rush we got flying down the line with the wind in our ears. We didn't know what endorphins were but we quickly understood how narcotic the feeling was, and how addictive it became; from day one I was stoned from just watching. We talked about skill and courage and luck- we shared all that, and in time we surfed to fool with death- but for me there was still the outlaw feeling of doing something graceful, as if dancing on water was the best and bravest thing a man could do...
..I will always remember my first wave that morning. The smell of paraffin wax and brine and peppy scrub. The way the swell rose beneath me like a body drawing in air. How the wave drew me forward and I sprang to my feet, skating with the wind of momentum in my ears. I leant across the wall of upstanding water and the board came with me as though it was part of my body and mind. The blur of spray. The billion shard of light. I remember the solitary watching figure on the beach and the flash of Loonie's smile as I flew by; I was intoxicated. And though I've lived to be an old man with my own share of happiness for all the mess I made, I still judge every joyous moment, every victory and revelation against those few seconds of living..
..Non avrei saputo dirlo da ragazzo, ma più tardi ho capito cosa catturò la mia immaginazione quel giorno. La stranezza nel vedere degli uomini fare qualcosa di bello. Qualcosa senza senso ed elegante, anche se nessuno se ne interessava o stava a guardare..
..Per tutti quegli anni in cui io e Loonie surfammo insieme, essendoci appassionati sin da quella prima mattina al Point, non parlammo mai della questione della bellezza del surf. Eravamo amici ma c'erano argomenti di cui semplicemente non potevamo parlare. Non ci fu mai nessun dubbio in merito all'istintiva eccitazione del surfare, l'immensa scarica di adrenalina che provavamo volando giù da un'onda col vento nelle orecchie. Non sapevamo cosa fossero le endorfine ma capimmo subito quanto narcotica fosse quell'emozione, e quanto intossicante fosse; sin dal primo giorno ero drogato dal solo guardare. Parlavamo di bravura e coraggio e fortuna - condividevamo tutto questo, e col tempo avremmo pure surfato per sfidare la morte - ma per me c'era sempre il sentimento fuorilegge di stare a fare qualcosa di aggraziato, come se danzare sull'acqua fosse la cosa più coraggiosa e migliore che un uomo potesse fare..
.. Non dimenticherò mai la mia prima onda quella mattina. L'odore della paraffina, della salamoia e del peppy scrub. Il modo in cui la sommità dell'onda si alzò sotto di me come un corpo succhiato in aria. Come l'onda mi spinse avanti nel momento in cui balzai in piedi, scivolando col vento nelle orecchie. Mi piegai accanto al muro d'acqua e la tavola mi seguì come fosse parte nel mio corpo e della mia mente. Gli schizzi in aria. I miliardi di riflessi. Ricordo la figura solitaria che stava a guardare dalla spiaggia e per un attimo, mentre gli passavo accanto, il sorriso di Loonie; ero ubriaco. E nonostante abbia vissuto abbastanza da diventare vecchio ed abbia avuto i miei momenti di felicità per tutte le avventure vissute, continuo a paragonare ogni momento di gioia, ogni vittoria e ogni rivelazione, a quei pochi secondi di vita..
L'immagine di questo post è un particolare di un'opera di Vincenzo Ganadu, a cui appartiene. Se volete saperne di più, consultate il post "Due nuraghi in Sardegna".