sabato 25 settembre 2010

Breath - Respiro


Avete presente quando, parlando con una persona, capita di scoprire che questa non sa andare in bicicletta? Avete presente la vostra stessa espressione facciale che cerca di mascherare la sorpresa e l'incredulità mentre vi chiedete in silenzio come sia possibile?

Ecco, quella faccia io la vedo quasi una volta la mese. E guarda me.
Capita infatti che quando si sta in compagnia e si parla di mare, o ancor peggio quando si è proprio al mare, c'è sempre qualcuno che tira fuori una tavola da surf e mi dice: vieni? surfi?
Mi gratto la testa e rispondo che no, non sono capace. Ed ecco la faccia che tenta di far finta di niente e si chiede "ma come è possibile?".

Stare in piedi su una tavola spinta dalle potenti onde dell'oceano qua è infatti un'attività tanto comune come quella di stare su due ruote per noi del vecchio mondo.
Guardo sempre affascinato i bambini di 6 o 7 anni correre in acqua con le tavolette di bodyboard, e mettersi a sfidare le onde più vicine alla riva mentre le madri se la chiacchierano tranquillamente sotto il sole. Penso sempre alle colleghe mamme della banania e alle torture che infliggono ai figli, vietando loro, al mare, qualsiasi attività diversa dallo stare immobili. Ma vi immaginate quelle donne isteriche e frustrate se qualcuno dicesse loro di far andare il figlio di 6 anni a cavalcare le onde di un oceano popolato da squali, meduse mortali, correnti micidiali e chi più ne ha più ne metta? No, è proprio un altro mondo.

Qualche giorno fa ho visto l'intervista di un tipo in tv. Non so chi fosse né perchè lo intervistassero, ma ho seguito un minuto in cui parlava del surf. Diceva che adesso che aveva impegni e famiglia, si alzava alle 4 del mattino per andare a vedere l'alba in spiaggia e surfare la prima onda della giornata, prima di farsi una doccia, portare i figli a scuola ecc ecc.

Ora questo è un posto dove, ripeto, la storia, l'arte e la bellezza bisogna farla arrivare da lontano, ma alzarsi alle 4 per cavalcare la prima onda del mattino ha di per se, a mio modesto parere, un tocco di poesia. Una singola riga di poesia che si sposa con un gesto atletico, anche semplice, ma che poi noi spesso sappiamo far diventare un gesto d'arte.

Ed ora concludo questo post confuso riportandovi alcune righe di un libro particolare che ho appena finito di leggere. Si tratta di Breath, Respiro, scritto da Tim Winton.
In inglese per chi può gustarlo, e modestamente tradotto da me per chi si accontenta.


..I couldn't have put words to it as a boy, but later I understood what seized my imagination that day. How strange it was to see men do something beautiful. Something pointless and elegant, as though nobody saw or cared..

..For all those years when Loonie and I surfed together, having caught the bug that first morning at the Point, we never spoke about the business of beauty. We were mates but there were places our conversation simply couldn't go. There was never any doubt about the primary thrill of surfing, the huge body-rush we got flying down the line with the wind in our ears. We didn't know what endorphins were but we quickly understood how narcotic the feeling was, and how addictive it became; from day one I was stoned from just watching. We talked about skill and courage and luck- we shared all that, and in time we surfed to fool with death- but for me there was still the outlaw feeling of doing something graceful, as if dancing on water was the best and bravest thing a man could do...

..I will always remember my first wave that morning. The smell of paraffin wax and brine and peppy scrub. The way the swell rose beneath me like a body drawing in air. How the wave drew me forward and I sprang to my feet, skating with the wind of momentum in my ears. I leant across the wall of upstanding water and the board came with me as though it was part of my body and mind. The blur of spray. The billion shard of light. I remember the solitary watching figure on the beach and the flash of Loonie's smile as I flew by; I was intoxicated. And though I've lived to be an old man with my own share of happiness for all the mess I made, I still judge every joyous moment, every victory and revelation against those few seconds of living..


..Non avrei saputo dirlo da ragazzo, ma più tardi ho capito cosa catturò la mia immaginazione quel giorno. La stranezza nel vedere degli uomini fare qualcosa di bello. Qualcosa senza senso ed elegante, anche se nessuno se ne interessava o stava a guardare..

..Per tutti quegli anni in cui io e Loonie surfammo insieme, essendoci appassionati sin da quella prima mattina al Point, non parlammo mai della questione della bellezza del surf. Eravamo amici ma c'erano argomenti di cui semplicemente non potevamo parlare. Non ci fu mai nessun dubbio in merito all'istintiva eccitazione del surfare, l'immensa scarica di adrenalina che provavamo volando giù da un'onda col vento nelle orecchie. Non sapevamo cosa fossero le endorfine ma capimmo subito quanto narcotica fosse quell'emozione, e quanto intossicante fosse; sin dal primo giorno ero drogato dal solo guardare. Parlavamo di bravura e coraggio e fortuna - condividevamo tutto questo, e col tempo avremmo pure surfato per sfidare la morte - ma per me c'era sempre il sentimento fuorilegge di stare a fare qualcosa di aggraziato, come se danzare sull'acqua fosse la cosa più coraggiosa e migliore che un uomo potesse fare..

.. Non dimenticherò mai la mia prima onda quella mattina. L'odore della paraffina, della salamoia e del peppy scrub. Il modo in cui la sommità dell'onda si alzò sotto di me come un corpo succhiato in aria. Come l'onda mi spinse avanti nel momento in cui balzai in piedi, scivolando col vento nelle orecchie. Mi piegai accanto al muro d'acqua e la tavola mi seguì come fosse parte nel mio corpo e della mia mente. Gli schizzi in aria. I miliardi di riflessi. Ricordo la figura solitaria che stava a guardare dalla spiaggia e per un attimo, mentre gli passavo accanto, il sorriso di Loonie; ero ubriaco. E nonostante abbia vissuto abbastanza da diventare vecchio ed abbia avuto i miei momenti di felicità per tutte le avventure vissute, continuo a paragonare ogni momento di gioia, ogni vittoria e ogni rivelazione, a quei pochi secondi di vita..


L'immagine di questo post è un particolare di un'opera di Vincenzo Ganadu, a cui appartiene. Se volete saperne di più, consultate il post "Due nuraghi in Sardegna".

venerdì 17 settembre 2010

Attaccano dal cielo!


Ormai è primavera.

Il sole splende (come sempre in realtà), la natura si risveglia, i fiori sbocciano, gli uccellini cinguettano, la gente sorride e gli squali staccano le gambe ai surfisti!

In tutta questa felicità le australian magpie sono però incazzate nere!
Loro non sopportano proprio che dopo ever faticato tanto per conquistare una bella femmina, dopo aver acceso un mutuo per un nuovo, più spazioso e arieggiato nido con vista sul fiume, e dopo aver finalmente trovato qualche prezioso piccolo ovetto da accudire, le magpie, dicevo, proprio non sopportano la vicinanza degli umani. E attaccano.

Via giù in picchiata, dai rami più alti, sulla testa dei passanti! Voli randenti, colpi d'ala, qualche strillo e ciuffi spettinati, finchè l'umano non si allontana.
Se sei sfortunato però, ti può capitare anche che di tornare a casa con veri e propri graffi, od un occhio malandato da far vedere al pronto soccorso!

Il fenomeno non è da sottovalutare, perchè questa è una città con più alberi che case, ma attenzione: non c'è nessuna polemica, nessun allarme, nessun politico con soluzioni idiote contro i volatili, nessun parlare a vanvera. Siamo australiani e gli animali non si toccano!

Su un quotidiano, un articolo che affronta l'argomento ci informa invece, seriamente, che solo i maschi attaccano. E che dei maschi, in realtà solo un 10% si disturba a spaventare i passanti. Uno studio ha calcolato che di questo 10% di suscettibili magpie, il 10% si specializza contro i postini(!), il 50% contro i pedoni generici ed il restante contro i ciclisti.
Si rende noto anche che non basta disegnarsi due occhi sul retro del cappellino o del caschetto obbligatorio per andare in bici. Le magpie non ci cascano!
Gli studiosi ci dicono che bisognerebbe disegnare per bene un viso intero! Ma che funzionano anche quei fili di plastica nera che si chiudono su se stessi (quelli che vengono utilizzati di solito per raccogliere e tenere ordinati i cavi elettrici delle nostre tv, hi-fi ecc.) legati tutto intorno al casco in modo da formare una sorta di impenetrabile serie di punte!

In effetti si vede un sacco di gente con le antenne sui caschi, ma non avevo mai capito che razza di moda fosse.
E' opera delle australian magpie!

Una ciclista tra le grinfie di una magpie, mentre un postino, in classica divisa e a cavallo della motoretta honda d'ordinanza, fugge sul marciapiede!

Il casco con le antenne. Sembra funzioni.

giovedì 9 settembre 2010

Due nuraghi in Australia


In questi giorni più o meno si festeggia il primo anno di vita di questo blog. (Vi fornirò in seguito il calendario degli eventi, ma sappiate già che verrà a cantare anche Elvis, quello vero, ancora vivo. Ha capito che non può trascurare il compleanno di questo blog..)

In ogni caso, data appunto l'eccezionale ricorrenza, faccio uno strappo alla regola e invece di parlarvi dell'Australia, vi racconto di un evento che ha avuto l'Australia come spettatrice.

Grazie infatti all'interesse del Sig. Murtas, presidente dell'Associazione Sarda del Queensland, è stato possibile organizzare nella prestigiosa sede del Riverside Centre, qua a Brisbane, una mostra congiunta degli artisti Gianfranco Casu, fotografo, e Vincenzo Ganadu, pittore, con la supervisione dell'Art Director Nello Nardi.

Caso particolare, gli interni della hall del palazzo in cui si è tenuta l'esposizione, sono ricoperti di granito proveniente proprio dalla Sardegna! Una sorta di "carrambata" tra la terra e la cultura che le appartiene, a circa 14.000 km di distanza da casa!

Inutile dirvi che la qualità delle opere esposte è stata di prim'ordine.
Le foto di Giafranco Casu negli anni hanno conquistato le copertine del National Geografic, sia nelle edizioni italiane che internazionali, e i suoi scatti unici sulla cultura, l'archeologia e la fauna dell'isola sarda sono veri e propri racconti.
Vincenzo Ganadu, artista eclettico in grado di passare dalla pittura, alla scultura, ai murales, alla decorazione d'interni, deve la sua crescente fama mondiale alle sue tele impressioniste che ritraggono surfisti in azione. Caso probabilmente unico al mondo, Ganadu potrebbe essere definito un pittore che surfa, ma soprattuto, ad esempio agli occhi degli australiani, un surfista che dipinge! Le sue tele, oltre a decorare le case dei più importanti surfisti, si trovano esposte in California, alle Hawai, in Brasile, nei Paese Baschi e ovviamente qua in Australia.

Per chi sia interessato ecco qua due bei link: quello di Casu, e quello di Ganadu.

Vi lascio con una bella storiella.

Tra le opere esposte, Casu ha portato una bellissima foto che ritrae una volpe tra le rocce. Perfetta, elegante, sensuale. Una composizione semplice ma talmente bella che sembra finta. Un disegno iper realista!
Non ho potuto fare a meno di dirgli: "Senti, ma la volpe, là? Raccontami della volpe!"
E lui, con la sua simpatia mi ha risposto: "Mah, guarda, uno scatto semplice"
Mi ha quindi raccontato che l'ha vista mentre era in macchina dalle parti di Abbasanta, su un cumulo di rocce a pochi metri dalla strada! Si è subito fermato ed è corso ad immortalarla.
"E hai fatto quella foto al volo?" ho chiesto.
"No. Non ero bene attrazzato. Ci sono tornato il giorno dopo"
"E l'hai ritrovata?"
"Si, vive lì. Ho aspettato 3, 4 ore ed è uscita"
"Ed hai fatto quella foto?"
"No. Ne ho fatto alcune, ma non ero contento"
"Ci son tornato il giorno dopo, poi quello dopo, poi quello dopo ancora.. Poi per non farmi vedere, alla fine ho cominciato a nascondermi dietro ad un cespuglio di fichi d'india, e ad infilare l'obiettivo tra le foglie. Infatti in questa foto lei sta guardando "in camera", immobile, perchè sta cercando di capire cosa si nasconde tra i cespugli!"
"Ma quindi, insomma, quando l'hai fatta?"
"Mah, diciamo che mi sono appostato per 4 ore al giorno per.. diciamo.. 40 giorni!"

Quel che si dice uno scatto semplice.

I sardi. In botte piccola..

I 4 mori. Nell'ordine da sx a dx: Nello Nardi, Vincenzo Ganadu, Gianfranco Casu e Giuseppe Murtas.

mercoledì 1 settembre 2010

Modernità 2


Diversi mesi fa il mio logorato Swatch ha tirato le cuoia.

Pensando che si trattasse della batteria l'ho portato da un orologiaio.
Il tipo l'ha guardato perplesso, l'ha esaminato, ha constatato il decesso irreversibile dell'aparecchio e mi ha detto:
"Perdonami se te lo dico, ma questo orologio fa schifo! E' di bassa qualità e non si può aprire. Perchè non dai un'occhiata a questi bei modelli che ho io?"
Ho detto no grazie e me ne sono andato pensando:
"Certo che è di bassa qualità! E' uno Swatch! Sono orologi nati per essere usa e getta. Hanno venduto più di quanti modelli tu possa mai immaginare, e tu che fai questo mestiere non hai mai visto uno?! Ma dove vivi?"
E sapete che orologi mi proponeva? I Casio al quarzo con le cifrette invece delle lancette, quadrati, voluminosi e terribilmente brutti, appena venuti fuori da una vetrina dei primi anni '80!!
Orologiaio? Sei indietro di 30 anni! Ma che figura mi fai? Ma dove vivi?

In Australia.

Poi il mese scorso, dopo appunto mesi di orologi improponibili, in una piccola vetrina di un grande magazzino, ho trovato 8 colorati modelli, non di più, dei fantomatici Swatch.
"Ne compro uno! A prescindere!" mi son detto.
La signora ci ha servito e ci ha detto:
"Carini vero? A quanto pare in Europa vanno molto di moda"
Buongiorno, ho pensato. Casomai andavano di moda. Ormai la frenesia è passata da tempo, in Europa. Poi ha aggiunto:
"Siate consapevoli che questi sono orologi particolari ed in genere non si possono aggiustare".
"Si, lo sappiamo!!" porca miseria!
Poi ho chiesto:
"A proposito, se si consuma il cinturino avete ricambi?"
"No. Ma c'è un negozio che li ha, ti dò indirizzo e telefono"
"Grazie"
Ore dopo ho controllato l'indirizzo. Un posto comodo, proprio in centro. A Melbourne! 1669 Km.

Ma è mai possibile? Si. Questa è l'Australia.

Non posso fare a meno di pensare che se invece fossimo stati a Melbourne ed avessimo visto il negozio Swatch in centro, mi sarebbe parso assolutamente normale, e non avrei avuto mai nessun sospetto del fatto che a 200m da quel singolo negozio nessuno sappia di che si tratti.

Così, mentre le leggende metropolitane narrano della presenza di buone pizzerie italiane appunto a Melbourne, e a Sydney, e di altri succuleti piatti, qui nel Queensland sperimentiamo in prima persona il processo della globalizzazione, ed il lento, distillato arrivo di marchi che in Europa sono ovvi. (della situazione pizza ho già parlato)

8 modelli Swatch, come detto, sono appena arrivati. Un negozio della Gas ha appena aperto proprio nel cuore di Brisbane, e dentro il nuovo David Jones, hanno finalmente portato profumi e abbigliamento a passo con quello che succede nel resto del mondo. Certo, ancora non tutto è trovabile, e comprare abbigliamento decente è un'operazione difficile, ma qualcuno adesso sà cos'è la parola Armani o che tipo di scarpe sono le Vans.

E' una sensazione strana. Da un lato ci troviamo in un posto che per come funziona, in generale, ti fa credere di essere nel futuro, e contemporaneamente ti accorgi di essere al confine del mondo, dove le cose arrivano dopo, molto dopo.
Certo è che se c'è una cosa che rende l'Australia la meraviglia che è, è proprio la facilità con cui in pochi chilometri verso l'interno si piomba negli anni '50, poi nel farwest, e poi ancora nella preistoria. E poi nel nulla.
Grattacieli e mucche, come ho scritto due post fa.

In ogni caso volevo comunicare al mondo un altro passo compiuto dalla globalizzazione qua a Brisbane.
In una famosa catena di supermercati è sono appena arrivati dei prodotti fantasmagorici!
Li ho fotografati perchè è un evento, ed il mio stomaco si è commosso!
Ecco a voi:
I grissini!

Il pesto alla genovese!

L'acqua frizzante naturale!


L'inconcepibile mono-ingrediente (per gli australiani) succo alla pera, di cui scommettevo baldanzosamente l'inesistenza nel post "Patatine"!


Ed infine il mitico, inarrivabile, italianissimo Chinotto!



Da notare due cose.
Primo.
Al succo alla pera si accompagna, come documentato, anche il succo mono-ingrediente alla pesca, e pure un terzo di cui non ricordo adesso il soggetto. Ed il Chinotto compare troinfalmente negli scaffali di Brisbane in compagnia delle bevande arancia rossa, pompelmo e limone.
Secondo.
I prezzi scelti dal distributore rischiano di giocare contro queste amorevoli confezioni.
I grissini costano 2 dollari. Il pesto 5. Sei ridicole bottigliette d'acqua vengono 10 dollari, e sei bottigliette di Chinotto 12!! (ricordiamoci che qua le porzioni di cibo e bevande sono solitamente olimpioniche!)
Riusciranno a resistere questi prodotti?
Io spero di si.
Nel mentre compro i grissini a nastro!